Ugolino vive rintanato in una stanza, prigioniero di un cappuccio perché un incendio l’ha sfigurato e, nell’urbanissima Venezia del 1526, la deturpazione è una vergogna da celare, un orrore, il memento delle disgrazie con cui la vita può travolgere. Ma il ragazzo non può restare a lungo nella stanza dove si rintana. Il padre decide infatti di imbarcarlo nella spedizione di un amico che ormai può fregiarsi del titolo di Piloto Mayor: Sebastiano Caboto.
Il 3 aprile del 1526, il giovane Ugolino è sull’ammiraglia di Caboto con un compito preciso da assolvere: tenere traccia di ogni cosa. La rotta è quella per le Indie, la destinazione le Isole Molucche in Indonesia, ma la storia narra che laggiù il leggendario navigatore non arrivò mai. Caboto viene meno al contratto con la Corona di Spagna per inseguire le storie di alcuni sopravvissuti di una passata spedizione che narrano di una città fatta di oro e d’argento.
La sua flotta si addentra nel Río de la Plata, poi risale i fiumi Paraná e Paraguay. Ed è navigando il Paraguay che Ugolino cade prigioniero insieme a quattro compagni, squartati e divorati dagli indios. Lui invece, liberato dal cappuccio, viene risparmiato proprio grazie al viso deturpato perché loro, gli indios, in quei segni sul volto leggono il tocco dei Karai, i signori del fuoco. E lì comincia l’altra sua vita.
Edizione: 2022