Entrato nella Regia Accademia Navale nel 1899 e nominato Guardiamarina nel 1894, fin da giovanissimo Romeo Bernotti si distinse per i suoi studi di strategia e di tattica, che gli valsero prem, medaglie e pubblicazioni all’estero. Il suo ingegno e la sua intraprendenza gli costarono però anche una certa dose di quella diffidenza che i ‘pratici’ provano verso i ‘teorici’, ma Bernotti non era solo un teorico: la sua disinvoltura nell’affrontare le burrasche o nel percorrere le rotte di sicurezza fra i campi minati gli valse, durante la Grande Guerra, la stima dell’austero ammiraglio Cagni. In seguito navigò con successo, a vela e a vapore, anche nell’Atlantico, nel Mar Rosso e nell’Oceano Indiano, al comando di vari tipi di navi da guerra. Strenuo propugnatore, fin dal 1923, della cooperazione aero-navale e ideatore di nuovi criteri d’impiego dei sommergibili, Bernotti sostenne la necessità che l’Italia possedesse un’aviazione di marina e navi portaerei, ma non trovò l’appoggio dei superiori, anche per il suo carattere schivo di qualsiasi condiscendenza conformistica. Solo gli eventi bellici della seconda guerra mondiale avrebbero dimostrato quanto esatte fossero quelle previsioni e quelle preoccupazioni. Il tono distaccato, alieno da critiche e risentimenti personali, la vasta esperienza e la preparazione teorica del Bernotti danno a queste “memorie” il respiro di un’opera storica su mezzo secolo della nostra Marina Militare.