Virginia Woolf in gita al faro
Virginia Woolf
Cari lettori, questa volta il titolo dell’articolo lascia pochi spazi ai dubbi. Di chi mai parleremo? Chi avrà scritto il classico della letteratura marinaresca che vogliamo presentarvi? Eh sì, proprio lei, la regina della letteratura inglese: Virginia Woolf. Oggi vogliamo raccontarvi di uno dei suoi romanzi più celebri e dai tratti certamente autobiografici: Gita al faro. Ma prima…
ADELINE VIRGINIA STEPHEN
Nata nel 1882, Virginia Woolf (nata, appunto, Stephen) crebbe in una famiglia e in un ambiente ricchissimi di stimoli intellettuali e artistici grazie al padre, autore e critico letterario, e alla madre, modella per pittori. La casa era frequentata da artisti e letterati dell’epoca, fattore che contribuì non poco al nascere della passione per la scrittura in Virginia.
LE PERDITE E I TRAUMI
Sebbene agiata e inizialmente molto felice, la vita dell’autrice non fu semplicissima. Vittima di abusi da parte di due dei suoi fratellastri, perse la mamma a 13 anni e poco dopo la colpirono anche il lutto per una sorella e il padre. Tutti questi traumi e queste perdite furono probabilmente il fattore scatenante del suo primo crollo nervoso, cui ne seguirono molti altri. Recentemente, sulla base delle scoperte scientifiche avvenute dopo la sua morte, si è arrivati ad una diagnosi postuma di disturbo bipolare accompagnato da psicosi.
LA VITA ADULTA
Nonostante la profonda depressione che caratterizzò alcuni periodi della sua vita e la sua tragica fine (morì suicida dopo aver scritto una commovente lettera all’amatissimo marito), Virginia Woolf ebbe una vita adulta piena e soddisfacente: partecipò a diversi circoli culturali, fondò la casa editrice Hogarth Press insieme al marito Leonard Woolf, fu attivista femminista e suffragetta, ebbe relazioni con diverse donne (tra cui la più nota fu quella con Vita Sackville-West) e scrisse le numerose opere che la resero famosa. Virginia fu in contatto con autori del calibro di Sigmund Freud, Thomas Eliot, James Joyce e il nostro Italo Svevo, tutti pubblicati dalla sua casa editrice.
JAMES JOYCE E LO STREAM OF CONSCIOUSNESS
Con James Joyce, autore del celeberrimo Ulisse, Virginia non ebbe in comune solo l’anno di nascita e di morte (1882-1941), ma anche l’utilizzo di una tecnica narrativa che li rese entrambi molto riconoscibili: lo stream of consciousness o flusso di coscienza. Virginia Woolf, come Joyce, abbandonò i dialoghi e le regole di grammatica e punteggiatura, preferendo concentrarsi sui pensieri dei suoi personaggi e sulla loro libera trascrizione.
GITA AL FARO
Questo stile narrativo è particolarmente evidente nel romanzo di cui vi abbiamo accennato all’inizio dell’articolo: Gita al faro. Protagonista è la famiglia Ramsey, madre, padre e otto figli, in vacanza all’isola di Skye insieme ai numerosi ospiti.
Nella prima parte viene raccontata la programmazione di una gita al faro per il giorno seguente e i dissapori che questa crea tra i due genitori.
La seconda parte è una sorta di collante tra la prima e la terza, che avvengono a distanza di 10 anni, e narra di quanto accade in Inghilterra in quel lasso temporale e di quali personaggi chiave muoiono: una è la Signora Ramsey. Come avviene nella famiglia Stephen, quella di Virginia, anche nella famiglia Ramsey la morte della mamma causa scompiglio e grande dolore al padre, che si sente perso.
Nella terza parte è proprio lui, insieme a due dei figli, a portare a termine quella gita organizzata dieci anni prima, chiudendo il cerchio.
Gita al faro – faro che parrebbe essere quello di Godrevy Island, isola situata in un golfo di fronte a St. Ives dove Virginia Woolf passava le sue estati da bambina – è disponibile alla Libreria del Mare! Se vi va di dargli un’occhiata, basta cliccare qui.
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