Uomo. È questa la parola che dà avvio all’Odissea, la più bella storia di tutti i tempi. Un uomo che torna a casa, alla sua essenza. Che ricompone i pezzi di sé frantumati dalla guerra, dalle tempeste e dagli oblii per rinascere là dove sa di appartenere.
In quella piccola isola rocciosa, lo aspettano da vent’anni il figlio e il padre, la nutrice e il cane. E il letto d’ulivo intorno a cui lui e la sua sposa hanno costruito la loro memoria condivisa. L’intelligenza di Odisseo e quella di Penelope intrecciano, attraverso il mare viola che ha dato origine alla civiltà occidentale, cammini di nostalgia e di pazienza, scie di ombre e di luce. Resistono alla barbarie, alla violenza, alla sopraffazione, proponendo in cambio dignità, gentilezza, umanità.
Se esistono molti modi di smarrire la via di casa, il viaggio di Omero parla del ritorno di ognuno di noi. In quell’errare tra le onde cantato in secoli lontani dagli aedi, risuona incessante il nostro naufragare, il tentativo entusiasta e disperato di essere altro da Nessuno, di approdare sopra uno scoglio da chiamare “Itaca” almeno per un po’. Ognuno ha le proprie coordinate. Ciò che conta è possedere il coraggio di cercarle, la lucidità di riconoscerle, la forza di non dimenticarle.
Edizione: 2022