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Nuova legge sul libro

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Cosa cambia?

Il 25 Marzo 2020 è entrata in vigore la nuova legge sul libro (n. 15 del 13-02-2020), che potete trovare nella versione integrale qui. Cosa prevede? La notizia che più colpisce è il tetto agli sconti sui prezzi di vendita dei libri, fissato al 5%. Una notizia che rischia di scontentare molti lettori.

Perché, quindi, siamo andati in questa direzione? Di primo acchito, non parrebbe aver senso, forse, per chi non conosce il mercato del libro in Italia. In realtà, la nuova legge sul libro cerca di risolvere la difficile situazione di un settore in crisi da anni. Per capirne di più, occorre che vi armiate di pazienza: vediamo come funziona la vendita dei libri e come questa legge inciderà sul mercato editoriale.

La cultura è un diritto di tutti!

Innanzitutto, la Costituzione, in particolare all’articolo 9, specifica che “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura“. Per raggiungere questo obbiettivo, il libro gode di un regime IVA agevolato (DPR 633 del 26-10-1972, Art. 74 Comma C). Cosa significa? L’IVA viene pagata solamente dall’editore (o dall’importatore), mentre tutti i compratori successivi non la pagano. Questo provvedimento mira, quindi, a ridurre la pressione fiscale sulla compravendita dei libri; gli editori dovrebbero riuscire, infatti, a mantenere prezzi di vendita più bassi… E prezzi più bassi dovrebbero favorire lo sviluppo della cultura di cui sopra!

Sempre in questa ottica, il nostro ordinamento stabilisce anche che il prezzo di vendita dei libri è imposto dall’editore (o dall’importatore) e applicato sulla copertina delle singole pubblicazioni. Tradotto in parole povere, significa che i libri rientrano in quell’elenco di prodotti che non hanno un libero prezzo di vendita. Il prezzo stabilito e applicato dall’editore (o dall’importatore) e applicato sulla copertina del libro va rispettato da chiunque lo venda. Questo aspetto è ben ricordato anche dalla famosa Legge Levi del 2011 (Art. 2 Comma 1).

Tutto questo ha senso proprio pensando che la cultura è un diritto di tutti e deve essere accessibile a chiunque!

Troppi libri sul mercato!

Con l’avvento delle nuove tecnologie e la riduzione dei costi di stampa, le proposte editoriali sono aumentate moltissimo nel corso degli anni, anche se la platea dei lettori è rimasta sempre la stessa. Mentre alcune case editrici continuano a lavorare su pochi titoli ben curati, la maggior parte pubblica, invece, un numero incredibile di libri ogni anno, indipendentemente dalla qualità del prodotto.

Su cosa si fonda questa logica? Solo i singoli editori possono rispondere con esattezza, a seconda dei casi specifici.La sensazione, però, è che spesso si spera, pubblicando molti titoli a basso costo, di azzeccarne uno che venda parecchio. Se proprio non vende, non è un grosso problema, visto che ormai stampare un libro in brossura, di piccolo formato e in bianco e nero costa davvero poco. Quando arriverà il libro giusto, le perdite su quelli non venduti saranno recuperate facilmente.

In altri casi, invece, un libro viene stampato “su commissione” per l’autore, al quale l’editore addossa tutti i costi di produzione. In questi casi, all’editore, in sostanza, stampare il libro non costa nulla e c’è addirittura un guadagno certo, dal momento che l’autore ne acquista subito un certo numero di copie per sé e per i propri conoscenti. Con le copie in più che l’editore stampa a costo zero, poi, arrivano altri guadagni facili…

In ogni caso, il risultato finale è che i magazzini degli editori sono strapieni di libri in eccesso, dal momento che stampano ogni anno milioni di libri. Avete capito bene: milioni! L’ultimo rapporto sullo stato dell’editoria in Italia (pubblicato dall’Associazione Italiana Editori) specifica, infatti, che nel 2018 sono stati pubblicati quasi 80000 nuovi titoli. Di ogni titolo, ovviamente, non si stampa una singola copia, ma decine, centinaia o migliaia, a seconda dei casi. E stiamo considerando solo i nuovi titoli e non i libri che esistono da tempo e che vengono ristampati!

Cosa significa tutto questo? Che in Italia ci sono più libri che lettori e i magazzini delle case editrici si continuano a riempire di libri invenduti. Cosa accade, quindi? L’editore ha bisogno di far fuori il magazzino. In alcuni casi, ha già guadagnato parecchio sul singolo titolo, ma ne ha stampato un quantitativo in più per generare ulteriore lucro. In altre situazioni, ha invece sbagliato investimento e deve recuperare almeno ciò che ha perso.

Un gioco al ribasso

E’ un fatto che le vendite di un libro tendono a calare nel corso degli anni. E’ indispensabile, quindi, proporre sempre titoli nuovi, per mantenere un buon fatturato. Di conseguenza, l’editore inizia a scontare indiscriminatamente tutti i libri che ha in magazzino, in modo da poter far posto alle nuove pubblicazioni che vuole stampare per l’anno in corso. Questo ciclo senza fine genera un enorme problema, però, a chi lavora sulla qualità dei prodotti e dei servizi e non sulla quantità.

Gli editori che continuano a lavorare su pochi titoli, con costi di produzione maggiori, ma curandone la qualità, si vedono spesso penalizzati nelle vendite dalla maggior competitività commerciale di altri editori, con una produzione più ampia e prezzi stracciati. Le grandi catene fisiche e i colossi digitali che vendono libri pretendono margini di guadagno consistenti, a fronte dell’enorme volume di vendita che offrono… E i piccoli editori si trovano, alle volte, nell’impossibilità di offrirli.

Le piccole librerie indipendenti, che hanno margini di guadagno estremamente ridotti in questa filiera, non sono in grado di proporre gli stessi sconti che applicano, invece, gli editori e i grandi store fisici e virtuali. Perché? Quando un editore stampa un libro di narrativa (per fare un esempio) ha costi di stampa e produzione molto ridotti. Poniamo che il libro sia in vendita a € 20,00: possiamo stimare realisticamente che all’editore la stampa sia costata circa € 2,00 a copia. A questo punto, se l’editore vende direttamente sul proprio e-commerce, capite bene che guadagna circa l’80% sul prezzo di vendita ufficiale e proporre uno sconto del 15% non gli cambia la vita.

Viceversa, le piccole librerie indipendenti si aggirano mediamente su margini di guadagno che variano dal 20% al 30% del prezzo di copertina, a seconda dei singoli casi. Alle volte anche meno, altre volte qualcosa in più. Capite bene che per una libreria applicare, quindi, gli stessi sconti che applicano gli editori o i colossi della vendita online diventa impossibile.

L’utente finale, però, è felice di poter comprare un prodotto pagandolo meno e questo ha portato a un enorme aumento degli incassi per gli editori e i più famosi e-commerce, a discapito delle piccole librerie indipendenti. Questo è il motivo per cui negli ultimi anni in Italia ha chiuso i battenti un numero terrificante di librerie.

Un patrimonio comune

Fin qui, parrebbe tutto normale: “il mercato libero funziona così”, si potrebbe pensare. Peccato che il mercato del libro, in Italia, non sia libero, ma assoggettato appunto a norme specifiche, con un regime IVA agevolato e prezzi di vendita “calmierati”. Diventa, quindi, fondamentale regolamentarlo in modo attento, perché non è “libero” come quello di altri settori merceologici.

Inoltre, non sottovalutiamo il valore sociale e culturale costituito in Italia dalle piccole librerie indipendenti. In queste minuscole botteghe, infatti, lavorano professionisti competenti, preparati, che conoscono i prodotti che vendono e che sanno guidare il lettore nella scelta. Persone che hanno fatto di una passione un lavoro, che custodiscono nozioni che rischiano di andare perdute… che sanno trasmettere a chi li frequenta l’amore per il libro e la lettura.

In sostanza, proprio in queste piccole realtà c’è un reale incentivo alla diffusione della cultura, invocata dalla Costituzione. La loro progressiva scomparsa rispecchia pienamente il mercato che abbiamo descritto prima. Un mercato in cui la qualità non conta, in cui vince il prezzo il più basso, in cui la quantità è tutto e l’interazione umana non ha alcuna importanza.

La Legge Levi

Come abbiamo già accennato prima, nel 2011 è stata varata la Legge Levi, pensata per porre un freno a questa situazione e dare respiro alle piccole librerie. In sostanza, lo sconto massimo sui prezzi di vendita dei libri è stato fissato al 15%, con la possibilità di effettuare uno sconto del 20% (o superiore) solo in particolari condizioni.

In realtà, però, come dicevamo poco sopra, lo sconto del 15% è comunque inaccessibile per le piccole librerie indipendenti (che lavorerebbero senza guadagnare soldi o con margini davvero ridicoli a queste condizioni). Molti editori e negozi virtuali hanno continuato a proporre lo sconto del 15% fisso su qualunque libro, persino sulle novità… Viene da chiedersi che senso abbia fissare un prezzo di vendita al pubblico per scontarlo immediatamente del 15% il giorno dopo! Non sarebbe più corretto, allora, fissare un prezzo di vendita subito più basso ed evitare di svendere il proprio lavoro ogni giorno?

Questa pessima e diffusa pratica commerciale si fonda, sostanzialmente, su prezzi di vendita al pubblico gonfiati, visto che l’editore può permettersi il lusso di scontare i libri del 15% appena arrivano sul mercato. Un comportamento del genere costituisce evidentemente una violazione dell’idea che la cultura debba essere accessibile a tutti. Probabilmente, si potrebbe ravvisare addirittura una violazione del principio costituzionale di cui abbiamo già parlato in precedenza… E le piccole librerie continuano da anni a pagare il prezzo di queste pratiche scorrette!

La nuova legge sul libro

Ed eccoci finalmente arrivati alla nuova legge sul libro, entrata in vigore a fine marzo. Cosa prevede? Ovviamente, ci sono diverse misure interessanti, ma l’intervento sugli sconti è quello che più concretamente può modificare lo status quo. La nuova legge sul libro stabilisce, infatti, che lo sconto sul prezzo di vendita del libro non può superare il 5% (sia in punti di vendita fisici sia online).

Con questo provvedimento si spera, quindi, di arginare la concorrenza sleale di editori e colossi del digitale nei confronti delle librerie. L’obbiettivo della nuova legge sul libro, in sostanza, è quello di mettere tutti i soggetti del settore in condizioni di competitività simili, eque, accessibili a tutti.

Allo sconto del 5% ci sono alcune eccezioni. Per esempio, gli editori possono proporre per un solo mese all’anno uno sconto superiore al 5%, fino al massimo del 20%. Questa possibilità, però, non esiste per i libri pubblicati da meno di sei mesi.

Rimangono esclusi dai tetti degli sconti, come già previsto dalla legge n. 62 del 7 Marzo 2001, anche i libri pubblicati da almeno venti mesi e acquistati dal punto vendita da almeno sei mesi… Tradotto in parole povere, i libri vecchi si possono vendere al prezzo che si vuole, diminuito o aumentato.

A conti fatti, comunque, lo spirito della nuova legge sul libro cerca di sanare una situazione che si è aggravata negli anni e che ha messo in ginocchio tante piccole librerie indipendenti. Non sappiamo se si tratterà di una norma risolutiva al 100%, ma con tutta probabilità consentirà di compiere un passo in avanti verso un mercato più equilibrato e accessibile a tutti.

Non arrabbiatevi, quindi, quando entrate in una libreria e vi rifiutano uno sconto o ve ne fanno uno che vi sembra bassissimo. Speriamo, con questo articolo, di avervi aiutato a comprendere un po’ meglio come stanno le cose e cosa prevede la normativa italiana nel nostro settore. Ma, soprattutto, speriamo di aver trasmesso la nostra convinzione più importante: che la qualità è più importante della quantità, che la competenza ha un valore e che il gioco al ribasso, in fondo, ha le gambe corte!

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